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2021. gada 9. febr.
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XI secoloBrancaleone da Norcia, unico e spiantato rampollo di una nobile famiglia decaduta, dotato però di una non comune eloquenza ed animato da sane virtù e cavallereschi princìpi, incontra un manipolo di miserabili: l'anziano notaio ebreo Abacuc, il robusto Pecoro, un ragazzino di nome Taccone e lo scudiero Mangoldo. Essi propongono di raggiungere il feudo di Aurocastro in Puglia, secondo quanto dettato in una misteriosa pergamena scritta da Ottone I il Grande, documento invero rubato a un cavaliere creduto morto. Inizialmente riluttante, dopo essere stato sconfitto in un torneo, Brancaleone accetta di capeggiare la spedizione.

Durante il viaggio per la penisola, viene coinvolto in diverse avventure: l'incontro con un principe bizantino diseredato, tale Teofilatto, che si aggrega all'armata; l'ingresso in una città apparentemente deserta dando licenza di saccheggio, salvo scoprirla poi infestata dalla peste. Ci si aggiunge il monaco Zenone (ispirato a Pietro l'eremita), diretto con dei pellegrini a Gerusalemme. L'attraversamento di un «cavalcone» pericolante causa la caduta di Pecoro, sicché Zenone pensa ad una maledizione. Scoprendo la religione ebraica di Abacuc, il religioso gli impone il battesimo sotto una piccola cascata gelata. Tutto questo non impedisce che lo stesso monaco precipiti durante l'attraversamento di un successivo cavalcone.

Durante il cammino si inoltrano in un bosco e proprio qui il cavaliere salva una giovane promessa sposa, Matelda, dalle grinfie di avidi barbari che hanno massacrato le guardie di scorta che erano con la ragazza. Brancaleone uccide il capo dei manigoldi e, in seguito, lei si offre di guidarli fino al suo tutore, ferito mortalmente dai barbari, che in punto di morte fa promettere a Brancaleone di portarla in sposa al nobile Guccione. Lei però non vuole sposare Guccione e vorrebbe invece Brancaleone, ma il cavaliere - spinto dai suoi ideali cavallereschi - rifiuta: la donna allora si concede - di nascosto da Brancaleone - nottetempo a Teofilatto. Dopo altri giorni di viaggio la comitiva giunge alla roccaforte di Guccione. Durante i festeggiamenti per il matrimonio di Matelda con Guccione, il nobile scopre che Matelda non è più vergine e fa di conseguenza rinchiudere Brancaleone, da lei accusato, in una gabbia. Gli amici dell'armata lo liberano, con l'aiuto di un fabbro, Mastro Zito. Brancaleone scopre dai suoi compagni di viaggio che Matelda è stata portata in un monastero da Guccione. Raggiunge quindi il convento e, dopo aver ucciso diverse guardie del nobile, arriva alla sua stanza, ma lei ha scelto di prendere i voti per espiare la giusta penitenza per il fatto di averlo accusato ingiustamente e non intende venir meno alla sua scelta. Brancaleone, sorpreso e amareggiato per la perdita del suo amore, parte quindi con i suoi amici, con l'aggiunta del fabbro Zito.

Teofilatto, vedendo che sono arrivati vicino alla sua dimora, convince l'armata ad estorcere denaro alla famiglia dei Leonzi, fingendosi in ostaggio. Arrivati al castello, il gruppo viene accolto dalla famiglia dei Leonzi al completo, a detta dello stesso Teofilatto avvezza ad intrighi e raggiri. Manca solo il capofamiglia, ma durante l'attesa del suo arrivo Teodora, zia di Teofilatto e amante del nano e deforme Cippa, seduce Brancaleone che, prima di seguirla nelle sue stanze, affida ad Abacuc le trattative per il riscatto. Mentre il cavaliere subisce le passioni violente della zia, una sorta di sadomasochista ante litteram, Abacuc chiede al padre di Teofilatto il riscatto per il figlio, ma questi, rifiutatosi - essendo il figlio nato fuori dal matrimonio, concepito con una serva - intima loro di andarsene entro breve, pena l'essere trafitti da frecce avvelenate. Il gruppo allora fugge di gran carriera e, proprio in quel momento, ritorna Brancaleone (ancora mezzo nudo) che, invece di una ricca ricompensa, si trova a dover scappare insieme agli altri, riuscendo per un soffio a sfuggire a morte certa.

Dopo altri giorni di viaggio Taccone e Teofilatto rincontrano Pecoro nella tana di una femmina d'orso, che lo ha salvato dopo la caduta nel precipizio, curandolo e adottandolo come suo compagno. Dopo essere sfuggiti all'orso, portano l'amico a ricongiungersi con la comitiva. Nella fuga Abacuc cade però in acqua, ammalandosi. Passano alcuni giorni e, quando ormai i sei sono in vista del feudo di Aurocastro, Abacuc muore, venendo seppellito insieme alla cassa che lo ha sempre accompagnato. Giunti nelle campagne intorno al feudo da reclamare, il gruppo sente delle campanelle che associano al sonaglio di Zenone: scoprono poi che si sbagliano poiché il suono proveniva da una mucca.

La comitiva raggiunge quindi la roccaforte di Aurocastro e gli abitanti del luogo si affrettano a consegnare agli eroi le chiavi del castello prima di rifugiarvisi, lasciando l'armata sola a fronteggiare l'attacco da parte dei pirati Saraceni. Una volta avvistate le nere vele dei pirati, i sei si spiegano le parole della pergamena: Ottone aveva consegnato la cittadina a un feudatario che l'avrebbe salvata dalle numerose incursioni dei pirati. Brancaleone e il suo piccolo esercito, dopo aver maldestramente tentato di tendere una trappola agli invasori, sono fatti ben presto prigionieri e condannati alla pena di morte per impalamento.

I sei vengono però liberati da un misterioso personaggio che uccide tutti i saraceni. Il cavaliere che li ha salvati si rivela però essere il cavaliere erroneamente creduto morto all'inizio della storia. Questi, il vero e legittimo destinatario della pergamena, condanna Brancaleone e i suoi armigeri al rogo come ladri e usurpatori. Poco prima della morte, Teofilatto rivela a Brancaleone di essere stato lui ad avere abusato di Matelda, causando la rabbia dell'uomo, ma proprio quando la sentenza sta per essere eseguita ricompare il monaco Zenone - sopravvissuto alla caduta nel fiume e di nuovo a capo di un manipolo di straccioni diretti in Terra Santa - il quale convince il cavaliere a liberare Brancaleone ed i suoi, in quanto ancora legati al voto di seguire il monaco per liberare il Santo Sepolcro.

 
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